venerdì 27 aprile 2012

un contributo di Pino Aprile

di Pino Aprile (giornalista, autore di Terroni)
Pino Aprile
«Ma le sembra il momento di raccontarlo?», mi ha chiesto, in un dibattito alla radio, uno dei nostri maggiori storici, a proposito del mio Terroni, tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali. Mi son cascate le braccia e ho risposto: «Sono passati 150 anni, professore, e ancora non avete trovato il momento giusto per dirci come sono andate davvero le cose? Le nostre cose. Ho fatto elementari, medie, superiori, ho cambiato tre facoltà universitarie (abbandonate per il giornalismo): avessi trovato un rigo sulle stragi compiute al Sud dai piemontesi per unificare l’Italia. Stupri, torture, esecuzioni e incarcerazioni di massa; il saccheggio delle risorse del Regno delle Due Sicilie, la chiusura, persino a mano armata e sparando sugli operai, delle aziende, fra cui i più grandi stabilimenti siderurgici del tempo in Calabria, a Mongiana, o le più grandi
La locomotiva 640-088 sul binario di corsa dell'Opificio di Pietrarsa
officine meccaniche a Pietrarsa (Napoli), studiate da tutti i paesi industrializzati contemporanei. Venne distrutta un’economia che stava costruendosi un futuro ed ebbe solo un passato».
Mi è stato anche detto che il sorprendente successo di Terroni sta generando un movimento di popolo, una sorta di leghismo del Sud, simmetrico e opposto a quello di Bossi e complici. Ma è una immeritata sopravvalutazione del libro, il cui risultato è conseguenza, non causa, di sentimenti e risentimenti ormai diffusi e in crescita al Sud. Ripeto: ci sono libri che cambiano la gente e la storia, ma Terroni non è fra questi. Mio padre non si chiamava Giuseppe e non faceva il falegname e io sono nato di febbraio. E pur avendo portato la barba per anni, sono mai stato a Treviri. Salviamo almeno le proporzioni, cercando però di non esagerare all’incontrario. «Lei non è uno storico», mi è stato rimproverato. Appunto, sono giornalista, pratico la professione che consiste nell’entrare negli argomenti con curiosità e tecniche di divulgazione. Vale per la cronaca, l’economia, lo sport, la politica, e persino (può capitare, bisogna farsene una ragione) la storia.
Insomma, se ci hanno detto che il Sud, al momento dell’Unità, era povero, arretrato e oppresso e scopro che non era vera nessuna delle tre cose, lo dico o no? Lo dico. E arrivo pure buon ultimo.
Non era povero, e ce lo avevano spiegato giganti del meridionalismo, da Giustino Fortunato (alla fine, disse che si stava meglio con i Borbone), a Francesco Saverio Nitti (da presidente del Consiglio, scoprì che quando si fece cassa comune, i due
Francesco Saverio Nitti
terzi dei soldi all’Italia unita li aveva portati il Sud, e il resto d’Italia messo insieme provvide all’altro terzo), ad Antonio Gramsci. E lo ha ora dimostrato il Cnr, con lo studio sulla ricchezza prodotta, regione per regione, anno per anno, dal 1861 al 2004. Non c’era differenza fra Nord e Sud e ci vollero ottant’anni di discriminazione e rapina per concentrare nel meridione tutta la povertà del paese. Ma, pur nella ferocia dei tempi, la distribuzione di quella pari ricchezza era tale che mentre dal Nord si emigrava a milioni, dal Mezzogiorno no. In millenni la gente cominciò ad andar via dal Sud solo dopo l’Unità e la creazione di quella che poi fu chiamata Questione meridionale. Prima il sud era sempre stato terra di immigrazione, in cui erano arrivati popoli da ogni dove.
E non era arretrato. Si usa ricordare che mentre Piemonte e Lombardia avevano una vasta rete ferroviaria, il Sud, che pure era stato il primo a far viaggiare i treni, era rimasto indietro. Un confronto disonesto: se quelle regioni del Nord non hanno sbocco sul mare, il Regno delle Due Sicilie, con migliaia di chilometri di coste, aveva programmato decenni prima lo sviluppo dei commerci via mare, dotandosi della seconda flotta commerciale del continente; Napoli era la terza capitale europea, partoriva brevetti e nuove discipline (vulcanologia, archeologia, economia politica…). Se ricordi queste cose, ti rimproverano di essere nostalgico borbonico (non è; ma anche fosse?), monarchico (boom! Nemmeno se sul trono ci fossi io!), e di descrivere quel Sud bello e perduto come un Eden (il solito Galli Della Loggia, ma non solo), mentre c’erano i cafoni, le plebi. Vero, come nelle contemporanee Parigi dei Miserabili di Hugo e Londra di Dickens. E se le altrui eccellenze fanno dimenticare le plebi, le plebi meridionali cancellano le eccellenze.
Quanto all’essere oppressi (in quel Sud tomba di Pisacane, fratelli Bandiera e oppositori indigeni), Lorenzo Del Boca rammenta che a giustiziare il maggior numero di patrioti italiani non fu l’Austria, ma il Piemonte. Ai meridionali, la liberazione per mano savoiarda costò centinaia di migliaia di morti (Civiltà Cattolica scrisse: un milione), con paesi rasi al suolo e la gente bruciata viva nelle case, dopo il saccheggio e gli stupri. Tutti «briganti»!
Cominciò allora quella «educazione alla minorità» che indusse i meridionali ad accettare un ruolo subordinato e certi settentrionali a ritenersi italiani meglio riusciti, con più diritti. Ma se mi dicono che il paese fu unito da mille idealisti nordici che liberarono «quelli là», tuttora fannulloni e delinquenti, nonostante ci si sveni per loro da 150 anni, ti meravigli se non li sopporto più e divento leghista? E se sono pure razzista e li chiamo «porci» (Bossi), «topi da derattizzare» (Calderoli, come Goebbels), «merdacce mediterranee» (Borghezio), «cancro» (Brunetta).
Sconfitta la Germania di Hitler, fu indetta una conferenza stampa per comunicare la fine del nazismo e la liberazione dell’Europa. «Un passo avanti per la civiltà?», chiese un giornalista. «Cosa? Civiltà? Bella idea, qualcuno dovrebbe cominciare», fu la risposta. Cosa? Unità d’Italia? Bella idea, qualcuno dovrebbe cominciare. Almeno dopo 150 anni, visto che è stato fatto un Paese disunito: in una sua parte fornito di infrastrutture, autostrade, treni ad alta velocità; e in un’altra ci sono oggi mille chilometri di ferrovia in meno rispetto a prima della seconda guerra mondiale. Matera, capoluogo di provincia, aspetta ancora «la vaporiera» delle Fs, e l’alternativa a mulattiere asfaltate è la Salerno-Reggio Calabria.


2 Responses to “Quel nord che ha educato i meridionali alla minorità”

  1. E’ vero Pino, sei “troppo” morbido! Se non scassinavamo gli archivi di Stato con la nostra curiosità, con il nostro impegno, non sarebbe mai venuta fuori una parola di tutte queste verità su la sottomissione del sud. Ancora oggi provano ad invitare alle trasmissioni mattutine della Rai3, quando tentano ancora di far passare attraverso docenti, supini e proni, al potere economico(e storico) del nord, fandonie come:”… i mille di garibaldi erano tutti letterati e colti…) (Sich!) L’imbarazzato presentatore ha cambiato subito scena e domanda…Non voglio riprendere tutto il tuo articolo, non ci serve, vorrei invece porre una unica domanda a chiunque voglia darmi una risposta, fosse anche il mio vicino di casa, giuro che l’ascolterò: ” Chi é, di grazia, che dovrebbe decidere quando sarebbe il momento opportuno di farci sapere come andarono le cose? Dovremmo aspettarci un Decreto Legge? Una Commissione Parlamentare? Un permesso Paterno dei nostri Tutori del Nord? Chi Cristo deve decidere quando “sarebbe il Momento? Da quale Autorità Celeste deve discendere il Permesso? Ed il fatto che ci dicono che:” Non é il momento…” non é, di fatto, la dimostrazione che hanno deciso SEMPRE per noi? Chiedendo ad una assessora comunale di Torino(PD, all’immigrazione) gli chiesi cosa ne pensasse di questi movimenti meridionalisti mi ha risposto disgustata:” Dementi nostalgici Borbonici, mi fanno venire il voltastomaco…” Le chiesi come mai riusciva a trovare normale il ritorno dei Savoia, dello spazio che il decerebrato di casa trovi tanto spazio nella televisione italiana, che gli si faccia fare di tutto e di più, e che lo si continui a chiamare “principe”…mi ha risposto che in televisione comanda Berlusconi. Ma vaffà…..
  2. neo scrive:
    Premetto. sono un Sottufficiale dell’ E.I. (e giurai fedeltà all’ Italia), originario della provincia di Lecce (e 11 anni di servizio trascorsi a Torino). Tutto è iniziato qualche settimana fa quando ho comprato il libro “Terroni”. Lo ammetto, finora conoscevo la storia per come l’ho studiata sui libri; nessuna opera critica in merito al tema del risorgimento (mi appassionano di più le due guerre mondiali). D’altronde forse questo si rivela come l’unico periodo storico dove gli eroi hanno un volto ed un nome (uscimmo vittoriosi, e malconci, anche nella prima guerra mondiale ma di “eroe” ci si ricorda solo del Piave). Ed un pò come nel calcio, esprimi euforia nel sapere che la tua “squadra” (magari piena zeppa di Maradona, Pelè, Platini, Crujff, eroi dell’epoca) vinse contro una squadra straniera. La cosa ti esalta. E così ti fanno credere. La questione meridionale la identifichi come un fatto genetico, sociale e territoriale, non cerchi il “perchè?”. Poi ti imbatti in un libro come “Terroni” e rimani scioccato (anche per quanto mi senta ignorante in tutto ciò che è successo). Visitando anche dei siti come questo o come quello del Corriere della Sera con il “penoso” commento del giornalista Messina (tra l’altro con quel suo evidenziare che il numero dei caduti sabaudi in meridione è più alto di tutti i caduti messi insieme nelle altre battaglie del risorgimento. MAH!), a cui ha contrabattuto MAGNIFICAMENTE il prof. De Crescenzo, sto realizzando una nuova coscienza. E pensare che in questi giorni ho FATTO rappresentanze militari proprio sul tema del risorgimento e dei suoi ideali di libertà (con tanto di visione di drappi, uniformi e sciabole “eroiche……. convenzionali”.
    Tanti sono come me all’oscuro di ciò (o non si addentrano più di tanto) ed in un mondo “pilotato” quasi si tralascia questo aspetto. E’ proprio vero, come scrive il Sig. Aprile, <>. Colpa dell’ignoranza o del silenzio a cui noi “italiani” siamo sottoposti. Così come approvo che i meridionali trapiantati al nord sono peggiori dei settentrionali al nord (11 anni di Torino insegnano).
    Un grazie a tutti voi che ci state facendo aprire gli occhi e che state risvegliando il nostro orgoglio meridionale. Per favore continuate e soprattutto siate più “visibili” con mezzi popolari alle grandi masse (iniziative cittadine, programmi tv, radio). Svelateci la verità con le vostre ricerche.