martedì 12 giugno 2018

Il bucaneve nero

Quando i 31 giovani sono arrivati a Forno di Coazze, sono stati accolti da tanta gente, qualche muso lungo (tra i pochi abitanti) e qualche lenzuolo (subito ritirato e sconfessato). Le poche persone che vivono in borgata Ferria, sono vecchie e sole. Noi avevamo scommesso che presto i loro musi lunghi e contratti, si sarebbero sciolti in un sorriso: tanta gioventù, in un posto desolato, non poteva che fare bene. Ora questo sta avvenendo. La scorsa settimana, La Casa dei Popoli, è stata su dai nostri amici più volte, lassù serve di tutto e noi raccogliamo quello che possiamo tra la brava gente dei paesi qui intorno. I primi giorni abbiamo visto che i musoni degli indigeni erano rivolti anche a noi. La gente di montagna non è portata a grandi effusioni, il clima rigido per gran parte dell’anno li costringe a vivere in casa isolati. Qui poi, è ancora viva la paura ed il ricordo. Qualsiasi rumore di scarpe non riconosciuto familiare, in questo posto, come altrove in Europa, ha portato lutti e disastri. Gli spari dei tedeschi hanno mietuto vittime a non finire e non bastano 70 anni a cancellarne gli echi, i partigiani morti vengono commemorati e ricordati ogni giorno dagli abitanti. Le persone sono schive e non danno facilmente confidenza. Già una domanda rivolta in italiano viene accolta con diffidenza, figuratevi l’inglese o il francese/africano pronunciato dai temibili “uomini neri” finalmente arrivati dopo tante minacce genitoriali.  Quello che perà mi ha fatto capire che il ghiaccio si sta sciogliendo, è stata una scenetta alla quale ho assistito venerdì pomeriggio. Avevamo ormai rinunciato a piazzare la parabola televisiva, riottosa a catturare uno benché sottile filo del segnale dal satellite ( che pare nascosto dalle cime dei monti) per un televisore, che La Casa dei Popoli ha portato su per far sentire meno isolate queste persone e, risaliti in macchina, stavamo tornando verso Giaveno. Dalla curva del Bar della borgata, stava risalendo una vecchina quasi piegata in due da una vita dove le camminate si fanno sempre in salita. Questa signora aveva portato il suo cane, tozzo e grintoso, a fare la passeggiata pomeridiana. Al suo fianco camminava il bambino africano, unico piccolo (11 anni) tra tanti adulti. Le stava chiedendo di fargli fare amicizia col cane, lo voleva portare lui. la vecchietta non comprende il suo linguaggio e lui non sa ancora una parola di italiano che comunque servirebbe a poco col dialetto parlato dalla nonna piemontese. La donna cercava di scacciare la mano del piccolo che però continuava a cercare l’asola del guinzaglio, tenuto saldamente tra le dita grinzose della donna. la sua insistenza era dolce, non invasiva, ma costante, senza resa. La signora lo scacciava come infastidita da una mosca, diceva chi il suo cane era cattivo “…come me…questo ti morde…” ma il piccolo nero, quasi invisibile all’ombra scura dei faggi che ammantavano la stradina in salita, continuava con il suo indice magro, a cercare la maniglia del guinzaglio. Ad un certo punto riuscì ad infilare il dito, e la donna allentò la presa (chissà se arresa o se per il contatto col nero?). Il ragazzino infilò tutta la sua mano e lei lasciò il guinzaglio. Il bimbo nero guidava il cane che non accennava a nessuna reazione. La vecchia stava dicendo ora “…questo conosce tutti i posti della montagna, qui intorno. Se ti perdi, lui ti riporta a casa….” Quella giovane vita, nata in un posto tanto lontano e differente da qui, sta sbocciando come un bucaneve in questa montagna

giovedì 22 febbraio 2018

la capsula del tempo

La capsula del tempo



Quando tu parti
per cercar la via
Che ti porti a quel nuovo negozio
Ti dici che lo fai per aver decoro
Che non ti garba di restare in ozio
Quindi emigri per cercar lavoro.

Prima di partire, con rispetto,
Metti il tuo passato in un fagotto
Lo arrotoli e lo leghi a mò di palla
Lo porti al posto tuo e lo sotterri
Dentro c’hai messo il tuo vissuto
I tuoi ricordi, gli affetti e qualche amore
Le foto di com’eri un dì di festa
Qualche progetto che avevi per la testa.

Parti pensando che lì, dove l’hai messo,
Starà al sicuro, finché non tornerai
ma poi lo scordi, la vita ti cattura,
Sei come prigioniero e non torni mai.

Dimentichi del tuo luogo sicuro
Pensi al presente che non lega col passato
Però ogni tanto, quando ti distrai,
Quel tuo fagotto torna spesso a galla,
Pare qualcosa che non hai digerito
Che torna su da dove l’hai seppellito
Quel nodo dove l’hai legato
Non racconta di un seguito col passato

Rammenta invece dove l’hai strappato.

Hai tutto qui, ma ti manca il tuo vento
E l’aria che spirava su dal mare,
Con la salsedine che non ti trova più,
Vuoi morire nella tua gioventù.

In giro ci sei stato e...si ti piace
ma non sei riuscito mai a stare in pace,
quel posto che ti ha dato la luce
rinviene come un peperone
ed ogni volta ti si ripropone
sempre più spesso,
sempre più pressante,
A una certa età proprio ti prende
E non ti lascia solo mai più un istante.

Ritornerò alla quercia, alla marana,
e non importa se non esiste più,
tirerò da là sotto il mio fagotto
e lo ritroverò così, come l’ho messo,
anche se il posto non è più lo stesso.

Che se un migrante torna alla sua terra
é un po’ come lo sbandato di una guerra,
non trova tracce della sua gioventù
perfino il vento non lo riconoscerà
però lui sa che dentro quel fagotto
l’aveva messo e lo ritroverà.

Per questo dentro sorride soddisfatto
È tutto là, nella sua capsula del tempo.


mercoledì 21 febbraio 2018

Mezzo secolo fa...il 68

mezzo secolo fa: il '68

quando nel 68 (20 anni) pensavo al '18, pensavo alla fine della Prima Guerra Mondiale, mezzo secolo mi parevano mille anni di distanza. Ora che abbiamo finito il giro e siamo di nuovo al '18, penso che mezzo secolo fa, ero tra gli extraparlamentari di Lotta Continua e poi nel Manifesto e mezzo secolo mi pare ieri.
La mia compagna, mia moglie poi, mi fece da guida per comprendere cosa voleva dire "partecipazione" " Femminismo"...poi Soccorso Rosso, la Comune con Dario Fo e Franca Rame, poi ancora Psichiatria Democratica e Franca Ongaro e Franco Basaglia. Poi Democrazia Proletaria e Democrazia sindacale...e 20 anni dopo, nel 198o l'uscita dalla CGIL e la creazione del COBAS degli Autoferrotranvieri di Torino. Il primo Cobas d'Italia ( anche se Wikipedia non lo troverete) Anni di lotta e di processi, mentre la storia scivolava via ed il mondo non era più lo stesso... Non era più il 68, ma a me sembrava ancora di si..Ce n’est qu’un début, continuons le combat!...ecco, ancora penso che sia questo che mi fa vedere il 68 solo come fosse ieri...ed invece la distanza é la stessa che allora ci separava dall'altro '18...Molta acqua é passata sotto i ponti. Le conquiste delle lotte di quei giorni sono state annullate da governi che hanno fatto credere a chi non aveva speso una goccia di sudore per quelle conquiste, che non si poteva continuare ad arroccarsi dei "diritti acquisiti dai padri" bisognava azzerare tutto perchè ci fosse una nuova crescita. Come se avessero anche solo èer un attimo pensato che allora bisognava annullare tutte le ricchezze accumulate in quel tempo passato, o i privilegi della casta, dei politici...e così, via l'articolo 18, i contratti di solidarietà, il lavoro. Non il lavoro a tempo indeterminato e la garanzia di una vita al sicuro, ma proprio via il lavoro, quello che nobilita l'uomo. gettando lo stesso e le famiglie in uno stato di prostrazione, di paura e di povertà. Nuova povertà la chiamano. Ma la povertà non è mai nuova, la povertà puzza dal primo momento perchè è una condizione di morte della dignità, del diritto alla vita, del progetto del proprio futuro....Di tutto ciò che rimane del '68, la cosa che amo di più ricordare e tenermi stretto, é proprio quella sensazione di libertà e di dignità che é dentro la lotta: la possibilità di poter guardare in faccia il potere, più che il potente, e dire "IO SONO VIVO E CONTO!"
Mi commuovo a guardare le donne (mi commuovevano allora e lo fanno ancora oggi) perchè nonostante il secolo trascorso da quel 18 a questo, nonostante molte cose sono per loro sono cambiate, nonostante continuano a partorirci, crescere ed assistere, cadono ogni giorno sotto i colpi di noi uomini. Ecco; nel pensare al '68 penso a quanto abbiamo perso da allora ad oggi e a quanto aveva ragione Mia Martini: Gli uomini non cambiano...Come il Potere
https://www.youtube.com/watch?v=fCp2usUYmHI