mercoledì 25 maggio 2011

Grazie Marco

Grazie Marco
Abbiamo cominciato a muovere i primi passi, siamo abitanti di  una Casa che cammina. Marco ama dire "work in progress". Lo dice bene lui, ama dirlo e, a volte, ama anche ripetersi, tanto gli piace. Abbiamo fatto già molte cose buone, anche da appena nati: siamo precoci. Bene. Alla prima salita però, proprio io ho  mostrato subito un pò di fiato grosso. Alla riunione di venerdì scorso, il 20 maggio, durante il tentativo di spiegare alle persone convenute per conoscerci (grazie a tutti!) i motivi di una nascita così importante, dopo la sua introduzione e le parole del nostro presidente: don Luciano Allais,  ho trovato più difficoltà di loro per comunicare il perché della nascita della Casa dei Popoli. Eppure io l'ho partorita questa iniziativa, ho percepito questa necessità del nostro territorio prima di tutti. La necessità di una simile struttura, nelle nostre valli, io l'ho intuita per primo, ho saputo coinvolgere gli altri, Margrita prima di tutti, salvo Biagio Delmonaco, con me sin dall'inizio. Allora perché non ho avuto la lucidità necessaria per poter spiegare ai presenti perché La casa dei Popoli? In realtà non penso che molti si siano accorti di questa mia difficoltà, anche perché questa non si é manifestata con secchezza delle mucose e mancanza di parole anzi, quelle ce n'erano fin troppe e più rumorose di sempre. Ed é stato proprio questo incessante rumore che mi ha fatto accorgere della mia inspiegabile difficoltà. Ero un padre che non sapeva presentare la suo figliola agli amici, allora? Solo un signore, il presidente di una delle associazioni consociate nella Casa, il presidente dell’A.Ge Piemonte Giancarlo Clara, più navigato del sottoscritto, ha denunciato questo mio affanno: " Siamo La casa della Pace, della Democrazia, ed allora perché attacchi gli altri come se hai già intrapreso una guerra?" Ecco! Aveva visto oltre il fumo delle mie parole, aveva visto il mio nervo scoperto. Perché dopo aver partorito una idea di fratellanza e di pace io stavo aggredendo coloro che, secondo me, non sono in sintonia col mio modo di vedere le cose? Ci sono voluti due giorni e due notti, ed una messa in una chiesa ortodossa, perché io capissi: la mia mancanza di ossigeno quella sera era dovuta alla mia educazione, o meglio, alla sua assenza. Ho avuto un bagliore mentre in chiesa, ascoltavo persone diverse cantare in coro un inno a Dio. Non importa a quale Dio. Quello che facevano era che gli si rivolgevano insieme, capii, seguendo quel pensiero, che milioni di persone nel mondo, si riuniscono più di una volta al giorno, nelle preghiere che rivolgono al loro Dio.   Ecco cos’era saper lavorare con gli altri, non contro. Si, si può obiettare che insieme, in nome dello stesso Dio, tante volte, si sono armati contro gli altri. Si, ma quello che voglio dire è che c’è una loro abitudine, a pensarsi come componenti di una comunità, granelli di sabbia di una stessa spiaggia. Io no. Io mi sono sempre rivolto alle cose ( a Dio?) in modo individuale. Nell’esaltazione della mia libertà di avere un dialogo intimo, privato e diretto, col creato e col creatore. E la mia libertà,  anarchica nel suo manifestarsi, mi ha educato a credere che tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è in qualche posto dentro di noi, basta saperlo tirare fuori. La stessa cosa che chi ha fede, chi da per scontato (ragionevolmente) che l’essere umano è un essere incompleto, che ha la necessità di legare ad altri la sua natura per potersi completare, chiama arroganza! L’arrogante convinzione di chi, una volta fissato un suo pensiero, si arma per difenderlo contro chi si prova anche soltanto a non condividerlo, pur senza osteggiarlo! E’ natura umana essere fragile, si vive errando per poter imparare. Ed ecco l’insegnamento che arriva nella serena accettazione del mio errore da Marco Margrita. In questo nostro incontro abitativo, lui  ha sempre dato  il suo contributo, badando alla locuzione positiva della nostra iniziativa. Si è sempre preoccupato di metterne in luce le idee costruttive senza dar molto peso agli errori di pronuncia virulenta degli strali miei e di Biagio Delmonaco,  contro chi non è in linea col progetto costruttivo di una Casa, che negli intenti  nasce aperta ad ogni persona,  ma che, alla prima battuta, attraverso due esperienze individuali ma molto comuni, trancia giudizi e sentenze sugli altri, chiudendo in qualche modo le porte ai cattivi. Probabilmente con questo modo di fare( il mio soprattutto  e quello di Biagio) si hanno due mani ed una pala per costruire, ed un buldozer per demolire. Insomma così non si va da nessuna parte e non si costruisce nessuna Casa.  Giusto era l’appunto di G. Clara: Una Casa della Pace, con la bandiera arcobaleno nella sua carta dell’abitante, non può dichiarare guerra a nessuno. Marco è un ottimo interprete di questo pensiero, ce lo ha dimostrato in più occasioni. Seguiamo il suo passo e faremo molta strada, la Casa si riempirà di abitanti amici.

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